Come si presenta la pelle dopo l’estate?
In autunno, al ritorno dal mare o dalla montagna, la pelle può risultare “provata”: secca e disidratata, ispessita e ruvida, con desquamazioni accompagnate da prurito, o ricoperta da lentiggini, punti neri, piccoli eritemi o macchie.

Per la sua caratteristica di elemento di superficie, la pelle è la struttura del nostro corpo maggiormente esposta agli influssi ambientali. In particolare, un’eccessiva e prolungata esposizione al sole provoca l’accelerazione del normale processo di invecchiamento cutaneo. Il danno dei raggi del sole si manifesta soprattutto a livello dell’epidermide e del derma nelle zone fotoesposte e, in misura maggiore, negli individui di carnagione chiara. Quando l’abbronzatura se ne va, i danni possono diventare più visibili.

Come si riconosce una pelle invecchiata dal sole?
I segni più evidenti dell’invecchiamento cutaneo vanno dall’accentuazione delle rughe (a causa dei danni provocati al collagene e all’elastina, le sostanze da cui dipendono l’elasticità e la compattezza della pelle) alle alterazioni del microcircolo con un rallentamento del ricambio cellulare, dalla riduzione dell’idratazione e del contenuto lipidico alla destrutturazione delle strutture elastiche e di sostegno del derma.

Altre caratteristiche tipiche del fotoinvecchiamento cutaneo sono:
la cute citrina di Milian, cioè chiazze di cute giallastra, di aspetto simile alla buccia di limone, che presentano evidenti sbocchi follicolari, soprattutto alla fronte e alle tempie; la cute “losangica” della nuca, con accentuazione marcata dei solchi cutanei alla nuca (pelle da contadino), con presenza di rughe profonde e parallele che s’intersecano tra loro; l’elastosi solare, caratterizzata dalla disseminazione di piccole cisti e comedoni (ristagni di sebo che al contrario dei punti neri non sfogano all’esterno, ma restano sotto pelle, facendola diventare più spessa e opaca), raggruppati su una cute che perde l’elasticità; l’eritrosi interfollicolare di Leder, con piccole papule disseminate su una cute che presenta eritemi e teleangectasie (pelle d’oca o “a pollo spennato”), soprattutto in sede sternale e al collo; la cheratosi attinica o solare, che può insorgere in seguito a molti anni di esposizione al sole, soprattutto nelle zone fotoesposte. È legata alla proliferazione displastica dei cheratinociti e si presenta come una crostosità aderente su una base eritematosa: se si stacca sanguina. È possibile la sua evoluzione in senso tumorale. In caso di lesioni dermatologiche sospette, si potrebbe essere in presenza di patologie serie, per esempio il temutissimo melanoma o i cosiddetti carcinomi delle cellule basali o delle cellule squamose. In questi casi è necessario l’intervento del dermatologo.

Come controllare l’invecchiamento cutaneo?
Al ritorno dalle vacanze è opportuno fare un check-up della pelle, nelle sue varie manifestazioni cliniche ed inestetiche e programmare la correzione degli eventuali danni.

Il check-up cutaneo (secondo un protocollo proposto da Bartoletti e Ramette alla fine degli anni ’70) è utile per:
conoscere il biotipo (pelle seborroica, pelle “secca” per disidratazione o per insufficiente presenza di lipidi sulla sua superficie, pelle sensibile) e il fototipo cutaneo, quindi le difese che ogni individuo è in grado di opporre nei confronti degli agenti esterni;
stabilire il grado di invecchiamento della pelle;
formulare un trattamento finalizzato all’igiene della pelle (detersione, idratazione, protezione solare) o alla normalizzazione di eventuali alterazioni dei parametri fisiologici, evidenziate dall’esame;
valutare successivamente, con misurazioni di controllo, l’efficacia dell’applicazione cosmetica;
monitorare i parametri cutanei durante un trattamento farmaco-cosmetico (che può alterare l’equilibrio del film idrolipidico) e consentire, se necessario, un apporto cosmetico compensatore.
Chi deve fare l’esame di valutazione cutanea?
Una valutazione dello stato della pelle è utile a qualsiasi età. Sarebbe preferibile effettuare il check-up fin dalla giovane età, dopo la pubertà, per conoscere il più presto possibile il proprio tipo di pelle, le sue difese e poter attuare un programma per proteggere e incrementare la funzione di barriera della cute, per mantenere il giusto grado di idratazione, per regolare il film idrolipidico e il pH cutaneo.

Un altro periodo in cui il check-up della pelle è molto utile è quello della menopausa, quando la produzione di sebo diminuisce per motivi ormonali (analogo effetto lo produce l’assunzione di associazioni estroprogestiniche): è il momento di rivedere e modificare la prescrizione cosmetica. L’esame va eseguito ogni due anni in giovane età, per passare poi a un controllo annuale con l’avvicinarsi della menopausa.

Come ci si prepara?
Gli esami vanno effettuati su una pelle non truccata e non lavata per 12 ore. Vanno inoltre ripetuti in condizioni di temperatura e umidità relativa costanti.

Come si svolge il check-up della pelle?
Il check-up prevede l’anamnesi, la pratica ispettiva e palpatoria e alcune misurazioni e test cutanei (temperatura, sebometria, corneometria, pH-metria, test di sensibilità, dermografismo).

L’anamnesi riguarda l’igiene generale di vita, le eventuali patologie cutanee e l’assunzione di farmaci, i disagi passati e presenti sulla pelle, come essa reagisce agli agenti atmosferici (in particolare al sole) e soprattutto le abitudini cosmetiche personali (detersione, protezione e fotoprotezione).

L’ispezione cutanea si esegue a occhio nudo e con l’aiuto di una lente, con luce solare, fredda (neon) e ultravioletta. L’ispezione “a vista” o con lente d’ingrandimento, sotto luce naturale e luce fredda, valuta il colorito della pelle e l’eventuale presenza di lesioni elementari. L’ispezione distrettuale, rivolta al viso, prende in esame il colorito, la luminosità e l’eventuale presenza di inestetismi, per esempio macchie (discromie ipermelaniche o ipomelaniche), rughe e rilassamenti cutanei, couperose, eritrosi, desquamazioni, cicatrici acneiche.

L’osservazione con la luce ultravioletta (luce di Wood) consente di rilevare la presenza di comedoni (di colore giallo o arancione secondo il grado di ossidazione del sebo), di iperpigmentazioni non evidenziabili a occhio nudo, di squame come lamine argentee. L’esplorazione al tatto permette di valutare la levigatezza, l’untuosità, la granulosità, la ruvidezza, lo spessore, l’elasticità (si effettua una leggera torsione su una plica cutanea per controllarne la rapidità del recupero morfologico), l’estensibilità (legata alla qualità del collagene).

I dati ottenuti permettono anche la classificazione del fototipo che è legata alla risposta individuale della pelle all’esposizione solare. Indipendentemente dal colore dei capelli o degli occhi sono considerate: l’entità della formazione di efelidi al primo sole, la comparsa precoce di eritema e la frequenza della sua comparsa ad ogni esposizione, infine il tempo di comparsa e la qualità dell’abbronzatura. Completano l’iter diagnostico alcune misurazioni e test.

In che consistono gli esami strumentali?
Viene misurata la temperatura cutanea che rappresenta soprattutto il riflesso della circolazione capillare sottostante: per una pelle normale è inferiore di 4-5 gradi rispetto alla temperatura interna. Il pH deve essere acido. Sulla base dei risultati si possono impiegare cosmetici pH regolatori. I valori variano nei diversi distretti cutanei: sul viso sono normalmente compresi tra 4.7 e 5.5. Si esegue poi la sebometria, che permette di misurare, grazie al sebometro, la quantità di lipidi superficiali presente sulla superficie epidermica: il valore dei lipidi superficiali viene raccolto su un nastro di materiale sintetico.

Per valutare l’idratazione dello strato corneo dell’epidermide si effettua la corneometria (che si misura con il corneometro). La profondità delle rughe viene valutata utilizzando il metodo delle impronte cutanee o “repliche”, che consente di riprodurre tridimensionalmente la superficie della pelle. L’impronta si ottiene grazie all’uso di resine siliconiche, che riproducono esattamente la superficie epidermica. L’impronta può essere studiata con uno stereomicroscopio, fotografata e confrontata con un’impronta successiva, dopo il trattamento cosmetico.

Per la diagnosi differenziale delle lesioni pigmentarie, l’osservazione clinica viene supportata dalla dermoscopia in epiluminescenza (tecnica usata in dermatologia per esaminare eventuali lesioni sospette) in grado di rilevare caratteristiche strutturali della lesione esaminata non apprezzabili con la semplice osservazione. Le immagine delle lesioni, captate da un video-microscopio, vengono digitalizzate e archiviate per un controllo qualitativo e quantitativo nel tempo.

Come possiamo sapere se la nostra pelle è sensibile?
Per confermare la diagnosi di pelle sensibile si effettua il test all’acido lattico al 15 per cento (test di Ramette). Il test consiste nell’applicare acqua distillata con un batuffolo di cotone idrofilo su una delle due regioni zigomatiche. Sull’altra si applica una soluzione acquosa di acido lattico al 15 per cento. Si interroga il soggetto in esame dopo il secondo e il quinto minuto, prendendo nota delle reazioni riferite:
- assenza di sensazioni anomale (0);
- sensazione di calore-bruciore leggero (1);
- sensazione di calore- bruciore moderato (2);
- sensazione di calore-bruciore forte (3).
Si calcola poi il grado di sensibilità sommando il valore ottenuto al secondo minuto con quello del quinto.

E quando la pelle è irritata?
L’irritabilità cutanea è evidenziata dal test del dermografismo, che consiste nel valutare le reazioni vasomotorie capillari alla stimolazione meccanica (provocata dal contatto di una punta smussata sulla pelle). La comparsa di una stria rossa (vasodilatazione capillare da liberazione di sostanze istaminosimili o di amine vasoattive) che permane a lungo è sintomo di spiccata reattività vasomotoria.

Dopo il check-up, come trattare i danni provocati dal sole?
Di solito viene formulato un programma correttivo distrettuale che mira alla normalizzazione dei parametri cutanei trovati alterati al check-up cutaneo con l'utilizzo di cosmetici pH-regolatori, idroregolatori e sebosostitutivi.

Per conservare la pelle nelle migliori condizioni, è indispensabile la “manutenzione quotidiana”. Un momento importante per il mantenimento dell’omeostasi cutanea è costituito dall’igiene, che deve essere effettuata con emulsioni: latti o creme in grado di eliminare le impurità cutanee. Dopo la pulizia si potrebbe applicare un tonico analcolico.

Per la detersione di una pelle molto arida e secca, come si presenta di solito dopo l’estate, è utile usare oli emollienti che favoriscono il distacco dello strato corneo superficiale e ripristinano il naturale colore della pelle. Vanno evitati i detergenti troppo aggressivi che seccano la pelle, eliminando il film grasso che la protegge in superficie. Per ripristinare il giusto grado di idratazione della pelle, dopo la pulizia è necessario applicare su viso e corpo creme idratanti e nutrienti. La scelta della crema da giorno più idonea al tipo di pelle nasce comunque da un esame preliminare sullo stato fisiologico della cute.

Le creme per proteggersi dai raggi UVA vanno usate anche in autunno e in inverno. Vanno scelte a seconda del fototipo. Sono importanti anche i trattamenti settimanali e stagionali, poiché permettono di integrare l’igiene quotidiana con sostanze che agiscono in modo più approfondito, per esempio le maschere di pulizia e idratanti. Le prime, di tipo argilloso, sono in grado di assorbire le impurità liofile e di rimuovere sporco e cellule superficiali. Le seconde mirano a idratare la pelle, potenziandone l’effetto barriera.

Il programma correttivo distrettuale, in particolare del viso, si arricchisce dell'azione dei soft peeling: acido tricloroacetico (15-20 per cento), acido glicolico (35-70 per cento) e acido retinoico (alle concentrazioni consentite). Quest’ultimo, vero riprogrammatore cutaneo, esercita uno stimolo del turnover cellulare dell'epidermide e della produzione di glicosaminoglicani, di collagene ed elastina, con un riscontro nel tempo di un visibile miglioramento clinico.

L’acido glicolico e l’acido retinoico producono anche un’azione veicolante per l’applicazione di sostanze depigmentanti, come l’acido cogico o l’acido azelaico, per il trattamento delle iperpigmentazioni cutanee.

Articolo di Maria Giovanna Faiella
Giornalista
Con la consulenza di Carlo Alberto Bartoletti
Presidente della Società Italiana di Medicina Estetica e direttore della Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli, Roma
e di Massimo Chini e Paolo Piazza
Primari Dermatologi dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, Roma
tratto da Yahoo benessere